Ogni imprenditore sa bene che la propria attività lo pone quotidianamente di fronte a numerose sfide. Per uscirne vittoriosi non sempre è sufficiente fare affidamento solo sulle proprie doti di capacità e onestà perché, a volte, anche quelle dei partner o degli stessi clienti possono risultare determinanti.
Il ritardo di importanti forniture o di rilevanti pagamenti, ad esempio, possono provocare ripercussioni anche gravi per l’imprenditore che su di essi abbia fatto affidamento.
Potrebbe così accadere che un creditore rimasto insoddisfatto dichiari la propria intenzione di chiedere al tribunale la dichiarazione di fallimento (oggi denominato liquidazione giudiziale) dell’impresa propria debitrice, se questa non salderà il dovuto entro un determinato termine.
Fermo restando che ogni debito deve essere onorato e che sussistono specifiche procedure di cui è possibile avvalersi per gestire la crisi d’impresa, è opportuno chiarire che non tutte le imprese possono essere assoggettate a liquidazione giudiziale (mediante procedura concorsuale).
In particolare, non può esserlo la cosiddetta “impresa minore”, così definita dall’art. 2, comma 1, let. d) del Lgs. 12 gennaio 2009, n. 14, quella che presenti congiuntamente i seguenti requisiti:
Se la tua impresa non supera tali limiti o se, pur superandoli, può dimostrare che l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati è complessivamente inferiore a 30.000,00 euro (art. 49, comma 5, D. Lgs. 14/2009), non sarà assoggettabile a liquidazione giudiziale.